Area
“Con gli altri sensi” è stata una straordinaria cena al buio promossa venerdì 15 novembre dal GUS insieme all’Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti di Lecce presso l’hotel delle Palme di Lecce (progetto GEA). Dopo che Andrea Gabellone, fotografo e giornalista, ci ha inviato un racconto dedicato alla cena, abbiamo raccolto altre riflessione tra i partecipanti: ne è uscito fuori un flusso di pensieri che restituisce bene qualcosa di una serata di forte condivisione, durante la quale l’Unione Ciechi ha guidato i commensali mentre camerieri/e ciechi/e hanno servito le pietanze, per dimostrare come la disabilità possa variare in base al contesto. L'invito è stato esteso ad alcune persone che hanno preso parte alle iniziative di "GEA - Progetto di Educazione alla cittadinanza globale", come rifugiati politici, studenti, dirigenti scolastiche degli istituti che hanno ospitato le attività e sindaci dei comuni dove è stata sviluppato il progetto. La cena è stata preceduta da una breve performance teatrale di Ippolito Chiarello, basata sulla storia vera di Mohammed, rifugiato sudanese, che ha perso la vista a causa delle torture in Libia, e che a Lecce sta sperimentando la vita autonoma da non vedente, proprio grazie ad Unione Ciechi. Anche lui ha preso parte alla cena. Al buio, a volte, si intravedono mondi diversi.
[Per scelta, a parte il racconto di Andrea Gebellone, già diffuso in rete, abbiamo scelto di lasciare anonimi i diversi intensi commenti raccolti, in questo modo aiutano a mostrare la forte condivisione di quella serata. Ringraziamo tutti per la partecipazione e per i commenti messi in comune]
______________________________________________________________________________________
L’odore del vino [Andrea Gabellone]
"Dov'è il bicchiere?"
"Cosa c'è nel piatto?"
"Non so bene cosa sto mangiando".
Immergersi nel buio pesto per cenare con altri nove commensali è un'esperienza che, come potrete immaginare guardando la foto del mio tavolo, non si può dimenticare. Ma è soprattutto un modo per calarsi, quasi furtivamente, in una disabilità che ci spiazza del tutto. Perché rimanere al buio per ore amplifica, distorce e ci restituisce una sensazione di fragilità che non si riesce ad arginare se non con l'aiuto dell'altro.
L'altro, nel nostro caso, era Davide, uno che il buio lo conosce bene fin da quando aveva 9 anni. E mentre lui si muoveva velocemente da una parte all'altra della sala, andando e venendo dalla cucina e servendoci di volta in volta piatti e bevande, noi ci siamo ritrovati altrettanto rapidamente in balia della nostra incapacità non solo di mangiare e bere, ma anche di sostenere una conversazione senza dover alzare la voce.
La portata principale della nostra cena di ieri era senz'altro la trasmissione di un disagio, seppure temporaneo, che ci ha trovato del tutto impreparati. Ma gli ingredienti più buoni, quelli che mi e ci rimarranno nella memoria, sono empatia, rispetto e complementarietà. I nostri occhi, per una sera, sono stati gli occhi di Davide e dei suoi compagni della Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti - Lecce.
Affidarsi a loro è stata una sensazione bellissima.
Grazie al GUS Gruppo Umana Solidarietà e specialmente a Divina Della Giorgia, serbatoio interminabile di impegno, passione ed entusiasmo.
Mi dispiace solo per aver totalmente devastato le capacità sensoriali del povero Pasquale, il mio dirimpettaio a tavola.
- "Pasquà, secondo te che cosa c'è nel risotto?"
- "Non lo so. Io riesco a sentire solo odore di vino" - …
- Scusa, Pasquale
Affidarci completamente all’altro
Non è facile descrivere la serata di venerdì 15 novembre, anche perché Andrea Gabellone mi ha rubato le parole, oltre che la foto. Ma voglio ringraziare Divina Della Giorgia, il GUS e l'Unione cechi di Lecce per avermi invitata a fare un'esperienza che difficilmente potrò dimenticare. Affidarsi completamente all'altro, leggere e vivere la realtà senza poter contare sulla vista provoca grande smarrimento. Perché con la vista individuiamo chi ci piace, operiamo anche a livello inconscio una "selezione" fra le persone che ci incuriosiscono più o meno. Con la vista mangiamo, trovando più o meno invitante il piatto in tavola. Con la vista viaggiamo, scopriamo nuovi mondi, e - contadini o professori, ingegneri o astronauti - con la vista lavoriamo. Davide Dongiocanni, che - cieco dall'età di 9 anni - ci ha accompagnati in questa oscurità chiassosa della cena al buio, ci ha dimostrato come si possano superare i limiti ovvi di una disabilità come la sua se si dispone della tecnologia, se le amministrazioni pubbliche investono su servizi adeguati e pianificano lo sviluppo delle città pensando alle categorie più fragili (bambini, anziani, disabili) e se si ha la fortuna di poter contare sulle parole degli altri. "Potrei viaggiare anche da solo - ha detto - ma è impagabile avere qualcuno che ti racconti la bellezza intorno e purtroppo oggi stiamo perdendo le parole della bellezza, siamo tutti con lo sguardo sui telefonini e non siamo più capaci di raccontare e raccontarci". Una sorta di cecità collettiva dalla quale, chissà, forse riusciremo a guarire.
Quante domande…
E dentro, il buio pesto. Ma un buio talmente nero da mettere i brividi. Così all’improvviso ti ritrovi seduto a un tavolo al quale non sai assolutamente come sei arrivato, circondato da persone delle quali non riesci a scorgere neanche un minimo tratto. Il cameriere ci ha spiegato dove trovare le posate, i bicchieri e il tovagliolo con una naturalezza esemplare. Ma la prima cosa che ho provato è stata paura. Lo ammetto. Sono stata sul punto di chiamare Giuseppe, il cameriere assegnato al mio tavolo, e chiedergli cortesemente di farmi uscire da quella sensazione di oppressione. Perché il buio per me è sempre stato riconducibile alla paura, da piccola, ma anche ora da adulta. Durante tutta la giornata ho pensato e ripensato a quella cena, al pensiero che mi ha accompagnato all’inizio, “e se mi sento male come faccio a correre via?”. Quella era la domanda che mi passava per la testa, fino al momento in cui mi sono seduta e mi sono lasciata andare fidandomi di cose nuove, perché sono loro che ti faranno ricordare proprio quel momento.
Questa cena però mi ha lasciato dentro altre domande. La prima: come si può vivere in questo modo? Durante la cena ho pensato di essere dentro una stanza grandissima, di essere lontana dai commensali di fronte a me, di essere seduta in un tavolo posto diagonalmente ed invece una volta che la luce è tornata era tutto diverso da ciò che avevo immaginato. Nel buio mi concentravo sulle voci e ho anche capito di non aver riconosciuto tantissime pietanze, che durante la vita di tutti i giorni assaggio con disinvoltura e allora mi chiedo: spesso mangio senza assaporare? Questa cena mi ha provocato altre domande riguardanti anche la socialità delle persone cieche. Insomma un’esperienza unica, umana ed emotivamente forte, un’esperienza che ti fa dire alla fine: “Cazzo! Quanto coraggio hanno queste persone, persone in grado di farti vedere alla fine la vera luce!”.
Quel venir meno di una comfort zone
Madre, amiche, amici e sconosciuti. Luci fioche, parole, emozioni, la luna che illumina lembi di terra per far giocare i bambini dai denti bianchi a calcio e poi buio, buio pesto. Il battito del cuore accelerato, le gambe tremanti tra le onde dell’ignoto, disorientata tra il vociare. Buio ma non così pesto da non riuscire a scappare da quella stanza, per poi rientrare, riprovarci e riuscirci. Buio pesto, cibo gustoso, racconti di vita, emozioni, vino versato sul tavolo, risate incoraggianti, parole di conforto e il venir meno di una comfort zone. Grazie.
È stato molto travolgente
È un po' difficile descrivere questa esperienza, è stata una sensazione nuova prima di tutto. È stato molto travolgente e mi ha spinto a riflettere di più sulla vita, come diamo per scontato le cose che abbiamo. Grazie di aver condiviso con noi questo incontro.
Quando lo spazio lo disegnano le voci
Durante una cena al buio
lo spazio lo disegnano le voci
le dita assaggiano assieme alla punta del naso
Il volto della vicina è Voce
È Anima…
Alla fine
la violenza della luce è nostalgia di quella uterina esperienza di perdita e infinito possibile…
Nella stessa stanza, ma diversa per ognuno di noi
È stato incredibile un senso di libertà e di scoperta... poter lasciare libera la mente di creare immagini sui racconti di vita, l'aspetto delle persone, del cibo della stanza, in un mondo di immagini e immaginari imposti. Quella stanza era diversa per ognuno di noi…
Scioccante
È impossibile smettere di pensare alla serata di venerdì: é stata un’esperienza molto forte e scioccante. Non è facile liberarti da questo ricordo.
Indimenticabile
È stato uno straordinario pezzo di vita, indimenticabile ma non registrabile come siamo abituati a farlo normalmente, solo da vivere per sentirlo pienamente. Lo vorrei rivivere ove sia possibile. Mi ha dato la possibilità di vivere nel mondo dei ciechi e le strategie che hanno imparato per affrontare le loro sfide per farle diventare una potenza che noi non abbiamo.
Se non avessi avuto qualcuno accanto
È stata un’esperienza che ha suscitato tante emozioni con anche una componente introspettiva. Mi sono sentita disorientata e senza punti di riferimento, disorientamento che mi ha suscitato voglia di mettermi in gioco ed emergere dai miei limiti. Ho dovuto in poco tempo riorganizzarmi e trovare strategie e nuove opportunità per affrontare un bisogno primario che è il nutrimento! Ho dovuto superare i miei limiti visivi e sviluppare gli altri sensi che pensavo non servissero in quel contesto. Mi sono dovuta reinventare e ho scoperto che ce la posso fare… posso vivere e sopravvive anche senza un senso, e che se voglio posso davvero farcela. Questa cena al buio ha dato tante risposte non solo al mio modo di affrontare le difficoltà o le mancanze, ma anche al mio modo di sentire l’altro: se non avessi avuto qualcuno accanto, a cui mi sono anche affidata, avrei forse messo più tempo a scoprirmi… o forse non ce l’avrei fatta proprio, invece proprio un “immigrato senza una gamba” mi ha aiutato a trovare una nuova me e a capire che nonostante tutto ognuno ce la può fare. Grata a questa cena!
Lasciar libera la mente di creare immagini
È stato incredibile, un senso di libertà e di scoperta... poter lasciare libera la mente di creare immagini sui racconti di vita, l'aspetto delle persone, del cibo della stanza… in un mondo di immagini e immaginari imposti. Quella stanza era diversa per ognuno di noi…
Una bellissima esperienza di condivisione
È stata una bellissima esperienza di condivisione, le emozioni più intense: l'ansia dell'incognito prima di entrare in sala e la sensazione di disorientamento all'accensione delle luci in sala. La riflessione: noi eravamo tutti lì per un momento di condivisione, ma chi è cieco spesso è solo e si sente solo e isolato in un contesto di vedenti. Grazie ancora, un abbraccio e a presto.