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Attoniti e smarriti di fronte alla Storia di ordinaria follia.
Quando Kennedy nel 1963 pronunciò la frase ormai iconica “Io sono berlinese” dimostrava tutta la vicinanza a quel popolo, un’enclave della Germania Occidentale in mezzo al territorio controllato dai sovietici.
Pronunciare oggi “Io sono afgano” suona invece come una beffa, una presa in giro visto che tutto il mondo che conta a ovest del pianeta non ha saputo condurre dopo venti anni quello Stato al vivere civile e al rispetto dei diritti umani.
In queste ore buie come la pece, rimaniamo attoniti e smarriti di fronte alla storia di ordinaria follia che stiamo vedendo a Kabul – essere umani attaccati alla speranza sotto forma di aereo, che scelgono di morire piuttosto che di rivivere il talebanismo, giovani donne rintanate sotto terra per nascondere le forme della loro conquistata libertà, famiglie disperate che pur di scappare con un po’ di liquidità hanno venduto in poche ore tutti i loro beni deprezzati agli sciacalli sempre presenti in ogni sciagura dove c’è da succhiare sangue e mangiare carne.
In queste ore buie come la pece, dove le notizie in tv sull’ennesimo green pass appaiono ridicole e stridenti rispetto a quelle sul dramma afgano, non possiamo far altro che mettere a disposizione la nostra associazione, la nostra competenza, i nostri servizi per i profughi afgani. Ma così scrivendo ci accorgiamo di come continuiamo a sentirci inadeguati, attoniti, storditi, come se avessimo un peso sul cuore, come se le nostre risorse umane siano insufficienti a colmare questa enorme voragine umana, politica, sociale, economica, di cui nutriamo molte responsabilità come nazione e come parte del mondo, e non ci resta che sostenere per ora con parole di solidarietà il nostro presidente del consiglio che invoca forti iniziative a livello europeo per creare e tutelare corridoi umanitari, specie per le donne di Kabul e di tutto quello sciagurato paese.
E in questo marasma, che sembra un film – talebani dalle barbe appuntite come personaggi di una pellicola storica - i capi dell’appena nato Emirato Islamico dell’Afghanistan dichiarano che nella formazione del nuovo governo ci saranno anche loro, le donne che non saranno discriminate (davanti alle telecamere?), sempre però che rispettino in pieno la Sharia, quel coacervo di arcaiche consuetudini dettate dal Corano. Che sia per caso l’inizio di un nuovo corso ad opera di una nuova generazione di studenti coranici illuminati? La parte più sensibile e idealista di noi se lo augura, ma la storia, i fatti e la ragione ci inducono a pensare il contrario: a Kabul da ora in poi si vivrà di pane e di sharia, anzi solo di sharia, perché il pane di certo mancherà a lungo.
Noi del Gus ci siamo e ci saremo, ma con un peso sul cuore. Un grosso peso sul cuore.