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Tutela dei Diritti ed Integrazione

L’anno più brutto di sempre si chiude con la drammatica fine di Agitu Ideo Gudeta, simbolo di autonomia, integrazione, libertà.
L’avevamo contattata qualche mese fa per coinvolgerla in una delle nostre iniziative, il Progetto Atelier, come testimonial della sua esperienza in Trentino dove aveva aperto dieci anni fa un’azienda agricola biologica di successo.
La sua capacità di mettersi in gioco, il suo coraggio nel reinventarsi una nuova vita -era fuggita a 18 anni dal suo Paese, l’Etiopia, dopo esser stata più volte minacciata a causa del suo impegno contro il “land grabbing” delle multinazionali – sarebbero stati di stimolo per i beneficiari di questa nuova avventura del Gus, protesa a creare autonomia attraverso l’apprendimento di un mestiere tra i più belli del mondo, l’artigianato.
Agitu non si era tirata indietro e, pur dicendoci che avrebbe avuto poco tempo da dedicarci perché la sua azienda l’assorbiva in pieno, ci aveva promesso che ci saremmo incontrati per stabilire le modalità della sua collaborazione.
Non ne abbiamo avuto il tempo e la notizia della sua morte per mano violenta di un conoscente che lavorava per lei ci ha buttato nello sconforto.
Arrivederci Agitu, donna luminosa e bella, dal sorriso radioso come le albe e i tramonti della tua Etiopia, terra incantata e antica, con gli obelischi, le tombe, i castelli di lontane civiltà, che forse tu, da bambina, ti fermavi a guardare con gli occhi curiosi di un’antilope. E poi, crescendo, non capivi perché quell’angolo di paradiso che tu tanto amavi fosse così conteso, così bellicoso, così sfruttato e moriva ogni giorno di più.
Te ne sei poi andata con la morte nel cuore in cerca di un altro orizzonte, lasciando una città dal nome incantevole, Nuovo fiore, sperando di incontrare sul tuo cammino altre comunità e altre nature, che ti avrebbero fatto dimenticare Addis Abeba.
Sei approdata in Italia, a Trento, hai studiato, ti sei laureata e con il piglio e l’orgoglio di una donna forte, energica, che non dà mai nulla di scontato hai costruito a poco a poco, tra le valli di montagne meravigliose, un piccolo impero nel rispetto dell’ambiente che ti aveva accolto.
Con le tue sole forze, con le tue affusolate mani, con l’intelligenza che ti ha sempre contraddistinto, hai dato vita a una bella realtà con un nome altrettanto bello: “La capra felice” nella valle dei Mocheni in cui avevi deciso di puntare tutto sull’allevamento biologico. Un regno in pace e in armonia con la natura in cui allevavi e tutelavi un gregge di oltre 180 capre autoctone da cui producevi formaggi bio e realizzavi prodotti di bellezza.
Ti era guadagnata la stima e il rispetto delle comunità del territorio ed eri pronta a inventarti altre attività per dare maggior carburante all’impresa. E chissà, forse un giorno, tornare fra i tramonti infuocati d’Etiopia, a proporre ai tuoi connazionali il tuo modello di lavoro e di vita.
Siamo certi, che avresti arricchito il nostro progetto, nutrendo di speranza i giovani beneficiari e offrendoci nuovi spunti e prospettive da sperimentare nel corso dell’iniziativa.
Ora sei di nuovo in pace in una terra misteriosa che mescola un po’ d’Africa e un po’ d’Italia, un po’ di Etiopia e un po’ di Trentino, dove le cime dolomitiche si perdono in tramonti rosso fuoco e tu, seduta in una prateria ai confini con il cielo, continui a insegnarci che la vita deve essere vissuta fino in fondo, sfidando luoghi comuni e pregiudizi, buttandosi nella mischia e darci dentro fino all’ultimo, con coraggio, con tenacia, con amore, per non farci scippare i nostri sogni.

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